“Sono convinto che la crisi nella Chiesa che stiamo sperimentando al giorno d’oggi, è, in gran parte dovuta alla disintegrazione della liturgia.” (Papa Benedetto XVI, Milestones: Memoirs,1927-1977)
“Il Cristianesimo è un affare da manuale. Porta i segni di coloro che sono venuti prima” (Matthew Schmitz, https://www.nytimes.com)
L’Anima del Cattolicesimo viene espressa nella Messa Tradizionale in latino
L’anima della Chiesa è la Tradizione perché la Chiesa Cattolica deve tutte le verità che la rendono ciò che è alla traditio, ossia al “tramandare” o al trasmettere queste verità da Nostro Signore Gesù Cristo agli apostoli e dagli apostoli alle generazioni successive che a loro volta hanno custodito e spiegato ed espresso queste verità sotto l’azione di assistenza dello Spirito Santo. Come il Concilio Vaticano II ha detto, con riferimento alla Tradizione, “così la Chiesa, nel suo insegnamento, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte le generazioni tutto ciò che è, tutto ciò in cui crede” (Dei Verbum, n. 8).
Pertanto, per la sua stessa natura di realtà basata sulla tradizione sacra, la Chiesa Cattolicaè tradizionale.Se smettesse di essere tradizionale, smetterebbe semplicemente di esistere.
Alla Tradizione deve le sue verità. Alla Tradizione deve la sua liturgia (i sacramenti, sacramentali e la preghiera pubblica) ‒ le azioni che la vivificano e le permettono di dare vita sovrannaturale alle anime.
Ma attraverso, con e in queste verità sacrosante, il Cattolico entra nelle insondabili mistiche profondità della Redenzione.
Perché è qui che ci si unisce con la Chiesa che al di sopra e al di là della sua struttura organizzativa visibile è una realtà misticae un’istituzione eterna perché è il Corpo mistico di Cristo.
Dunque, poiché la liturgia ha una dimensione sia umana che divina, al fine di facilitare il passaggio dell’uomo alle profondità mistiche in questa, è importante che essa
Esattamente come il Rito Antico comunicava le verità divinamente rivelate del Cattolicesimo, essa rivela il genio della “Messa delle Ere”. Attraverso la sua comprensione realistica dello spirito umano, ha riconosciuto che l’uomo assorbe le verità umanamente e interamente tramite il potere dell’intelletto, della determinazione e delle emozioni. Coinvolgendo la natura psicosomatica dell’uomo nella sua integralità, facendo appello al suo cuore con una sottile intuizione psicologica, la Messa delle Ere ha evocato nell’uomo il senso di bellezza che ha ispirato convinzione, impegno religioso, creatività artistica, e applicazione sociopolitica.
Inoltre, con competente maestria circonda queste parole di simbolismo e cerimonia, ingrandendo in tal modo la loro visibilità con un maggiore impatto sui sentimenti e l’immaginazione dei partecipanti.
Dunque, il suo rituale non è un mero “servizio”, strutturato come una forma di parola, in cui una religione sempre troppo intellettuale dispiega di fronte all’intelligenza umana il suo insieme di dottrine.
Esso guida l’uomo ad adorare Dio “in spirito e in verità” (Gv 4: 24) non solo attraverso parole formate in giudizi, ma anche con un linguaggio codificato di gesti, simboli e cerimonia.
Con armonia sinfonica, il Rito Antico intuitivamente, con un’empatia apparentemente naturale, parla al cuore, evocando sentimenti umani. Nessuna parte dell’individuo con mente e cuore aperti non viene toccata o viene lasciata inalterata.
E’ una “poesia in azione” che “afferra l’esistenza umana nella sua interezza e la fa confluire verso la sua fonte” (Dom Gérard Calvet, La Sainte Liturgie par un Moine bénédictin).
Grazie al fatto che incorpora al suo interno in modo preciso, chiaro ed elegante le verità cattoliche, il Rito Antico provoca un senso di soddisfazione nell’intelletto umano che a sua volta tocca il suo cuore.
L’uomo, così spesso afflitto dalla sofferenza, dalla consapevolezza del peccato, tormentato dal dubbio che Dio possa essere inseparabilmente distante da lui, in bisogno urgente di conferma che la sua preghiera venga ascoltata e la sua empietà perdonata, che Dio veda e preveda i suoi bisogni, trovò così nel Rito Antico una guida sicura di luce e forza.
L’ordinazione del Rito Antico secondo le richieste della ragione piuttosto che secondo le esigenze dei sentimenti e delle emozioni, è coerente con un uso davvero umano dei poteri mentali di una persona.
Ma è anche necessario per formare una società durevole di fedeli. Soltanto subordinando il sentimento alla ragione il Rito Antico potrebbe incoraggiare quello spirito cattolico (universale) della Fede Antica.
Perché solo in questo modo può organizzare il culto pubblico di Dio da parte degli uomini, in modo tale che essi possono avere un solo cuore perché per prima cosa hanno una sola mente.
Solamente le dottrine intellettuali e non le emozioni danno un certo fondamento in quanto queste ultime sono per natura fortemente soggettive, più difficili da comunicare, mutevoli, e quindi anche capricciose e pericolose per la psiche quando sono liberate dalla volontà guidata dalla verità.
Stabilendo questo ordine armonioso tra la ragione e i sentimenti, il Rito Antico costruisce e rafforza sia il singolo fedele che la Chiesa come istituzione.
Rafforza la psiche contro il dubbio, garantisce continuità nel tempo; e permette che la preghiera confluisca nell’azione comune.
Lo scrittore, Sigrid Undset, in The Wild Orchid, illustra questo punto nel suo racconto della conversione del protagonista, Paul, all’antica religione della sua casa natale, la Norvegia, all’inizio del ventesimo secolo. Essendo studente, egli dormiva in una casa cattolica ed un giorno accompagnò la sua proprietaria ad una Messa Ridotta (la versione più semplice del Rito Antico) esclusivamente per fare un’esperienza interessante.
Tuttavia, semplicemente all’interno della cappella, questi viene mosso da qualcosa che non aveva mai sentito prima, un’atmosfera di adorazione austera intensa e contemplativa. Questa scolpì un ricordo indelebile nella sua anima.
Con il passare del tempo, sempre di più “desiderò le piccole chiese Cattoliche ‒ con i fiori di carta sull’altare e le bambole di gesso nelle nicchie, e le poche persone negli abiti di tutti i giorni che si riunivano lì nelle mattine dei giorni feriali e rabbrividivano durante la preghiera”, che contrastava la sua esperienza con i servizi Protestanti dove “tutto sembrava essere fatto per sviluppare un’emozione”. (Sigrid Undset, The Wild Orchid (London: Cassell, 1931), p. 223.)
Nonostante ciò, l’enfasi del Rito Antico sul comunicare le verità non implica che esso trascuri il cuore. La verità, essendo la presa dell’intelletto sulla realtà, è necessariamente una fontana di emozioni profonde in particolare quando la particolare dimensione trattata è Dio.
Non un qualunque “dio” ma il vero unico Dio che ha rivelato qualcosa del suo mistero all’uomo con migliaia di anni di teofanie e rivelazioni profetiche che sono giunte alle nostre orecchie attraverso i testi del Rito Antico.
Dato che le verità divinepulsano con una vitalità soprannaturale, possono penetrare nelle profondità intime del cuore umano.
Attraverso la loro chiusura umana nella mentalità concreta dell’antico popolo ebraico, nostro antenato spirituale, testi come i salmi sono universalmente commoventi perché si collegano direttamente all’essenziale della relazione dell’uomo con Dio: il manifestarsi dell’anima peccatrice nel salmo Miserere; il pianto per l’aiuto “Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte, Giunga fino a te la mia preghiera” (salmo 88); lo “zelo della tua casa mi ha roso” (salmo 69); il grido di giubilo in così tante antifone; e la consapevolezza drammatica del pericolo in così tante altre.
I ricchi sentimenti del rito senza tempo diventano particolarmente palpabili in alcune delle sue Messe, dei suoi inni e delle sue preghiere. Notevoli sono le cupe cerimonie della Messa daRequiemcon il fragoroso richiamo al Giudizio Finale nel Dies Irae; le preghiere piene di speranza del Natale; e il giubilo nell’Exultetdella Veglia pasquale. Le preghiere dette ai piedi dell’altare, risalenti alle chiese del X secolo dei Franchi, esprimono una sensibilità religiosa che va dal grido esuberante “Introibo ad altare Dei ad Deum qui laetificat iuventutem meam” [Andrò all’altare di Dio, il Dio che si rallegra della mia giovinezza] alla consapevolezza dell’iniquità che ha bisogno di essere purgata nel “aufer a nobis iniquitates” [togli da noi la nostra malvagità].
Questo caleidoscopio di preghiere, simboli e cerimoniali, le cui riflessioni producono cammini mutevoli attraverso le diverse stagioni e celebrazioni liturgiche dell’anno, non ha mai cessato in 2000 anni di affascinare le menti acute. “Esaltare la Messa,” scrisse il convertito al Cattolicesimo, G. K. Chesterton, “vuol dire entrare in un mondo meraviglioso di idee metafisiche, che illuminano tutte le relazioni di materia e mente, di carne e spirito, delle estrazioni più impersonali come delle affezioni più personali.”
Il risultato è la bellezza. Bellezza nel senso Platonico e Agostiniano di quell’aura che irradia da qualcosa o da qualcuno ordinati in modo armonioso dalla verità e dalla bontà. La precisione del Rito Antico in un linguaggio di pensiero concentrato con un’estrema avversione per la verbosità e il suo affetto per l’equilibrio e l’austerità nel cerimoniale, impressionano chi guarda con un senso di simmetria, equilibrio e giusta proporzione. Tutto sembra così naturale e spontaneo e senza pretese, dovuto, senza dubbio, ad innumerevoli artigiani anonimi la cui vita di concentrazione in Dio attraverso la venerazione della sacra tradizione non avrebbe tentato di essere artistica giusto per essere artistica. Come una struttura armoniosa di verità e sentimenti, la Messa delle Ere soddisfa dunque sia la ragione che il cuore, ed è circondata da un alone di grazia. Nessuno stupore quindi che innumerevoli convertiti nei secoli siano entrati in Chiesa per la porta d’accesso della bellezza dell’antico rito:
“I giorni non erano lunghi abbastanza quando meditavo, e trovavo incredibile delizia nella meditazione, sulla profondità del Tuo disegno per la salvezza della razza umana. Ho pianto per la bellezza dei tuoi inni e cantichi, e fui scosso potentemente dal suono dolce del canto della Chiesa. Questi suoni fluivano nelle mie orecchie e la verità nel mio cuore: così il mio sentimento di devozione straripò e le lacrime sgorgarono dai miei occhi, ed io ero felice.” (Sant’Agostino, Confessions)