“L’onore divino dovrebbe essere lo scopo in ogni cosa” (Sant’Ignazio di Antiochia)
“Molto si è parlato alle folle circa quelli che sono definiti “i diritti dell’uomo”; si parli loro anche dei diritti di Dio.” (Papa Leone XIII, Tametsi Futura)
“Degno sei, O Signore, di ricevere la Gloria e l’onore e la Potenza perché tu creasti tutte le cose, e a causa della tua volontà esse esisterono e furono create” (Riv. 4:11).
Onorando il Signore, Creatore dell’Universo, onoriamo il vero fine e scopo per cui esistiamo, il nostro primo inizio ed ultima fine e la fonte infinita di tutto cio’ che abbiamo e siamo. Come dice San Tommaso: “Il fine della religione è di rendere a Dio riverenza e onore” (Summa Theologiae, II-II, q. 81, a. 7, s.c. 2).
“Noi prestiamo a Dio riverenza e onore non per lui stesso, che in sé è così pieno di gloria che nessuna creatura può aggiungergli nulla, ma per noi: poiché mediante la riverenza e l’onore che prestiamo a Dio la nostra mente si sottomette a lui, raggiungendo così la propria perfezione. Infatti ogni essere raggiunge la perfezione per il fatto che si subordina a una realtà superiore: come il corpo per il fatto che è vivificato dall’anima, e l’aria perché è illuminata dal sole.” (San Tommaso, Summa Theologiae, II-II, q. 81, a. 7, c)
Dunque, dopo la conversione al Cattolicesimo, J. R. R. Tolkien, scrisse: “Lo scopo principale della vita, per ognuno di noi, è di aumentare secondo le nostre capacità la nostra conoscenza di Dio con tutti i mezzi che abbiamo, e di esserne mossi per lodare e ringraziare.” Vivendo avendo l’onore divino come leit-motif riconosciamo la grande menzogna della vita sotto la “Dittatura del Relativismo:
“Guardiamo le cose come se l’uomo ne fosse il centro. L’uomo non è il centro. Dio non esiste per il beneficio dell’uomo. L’uomo non esiste per il suo proprio beneficio. ‘Tu hai creato tutte le cose, e per il tuo piacere esse sono e sono state create.’ Non siamo fatti primariamente per amare Dio (anche se siamo stati creati anche per questo) ma perché Dio ci ami, affinché possiamo diventare oggetti in cui l’amore divino puo’ riposare ‘ben felice’.” (C. S. Lewis, Il Problema della Sofferenza)
Sant’Anselmo di Canterbury nella sua opera Cur Deus Homo, afferma come una delle ragioni per l’Incarnazione sia l’importanza di restituire a Dio l’onore che gli era stato tolto dal peccato. Per “peccare non è altro che non rendere a Dio il suo debito.” In risposta alla domanda “Qual è il debito che dobbiamo a Dio?” Anselmo rispose:
“Ogni desiderio di una creatura razionale dovrebbe essere soggetto alla volontà di Dio…Perché è solo una tale volont, quando puo’ essere esercitata, che lavora compiacendo il Signore…Colui che non rende questo onore che è dovuto al Signore, lo deruba di cio’ che è Suo e Lo disonora; questo si chiama peccato. Inoltre, più a lungo non restituisce cio’ che ha portato via, più a lungo resta nel peccato; e non basterà semplicemente ripristinare quello che è stato portato via, ma, tenendo conto del disprezzo mostrato, dovrebbe ripristinare di più di quello che ha portato via.”
Sant’Anselmo ha osservato che Dio, infinitamente giusto e misericordioso, non puo’ semplicemente ignorare i peccati dell’uomo perché in questo modo sarebbe come dimenticare la differenza tra giustizia ed ingiustizia, tra innocenza e colpa, tra verità e menzogna, e, infine, equiparare l’ingiustizia alla giustizia significherebbe equiparare l’ingiustizia con Dio stesso e quindi tradire il suo onore. “Dio non mantiene nulla con più giustizia della sua dignità” (Sant’Anselmo).
Il nostro Signore Gesù Cristo ci ha mostrato come onorare la Santissima Trinità vivendo perfettamente la verità di una vita assolutamente dedicata all’onore divino. Come il Dio-Uomo si avvicinava al Golgota, Egli grido’ “Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità.” [Gv 18: 37]. E attraverso la Sua Passione, versando il suo sangue in espiazione come una vittima vivente, Egli riparo’ l’oltraggio dei peccati dell’umanità contro l’onore divino (Catechismo della Chiesa Cattolica, n.1992).
Pertanto, prima della Sua Ascensione poteva pregare il Suo Padre Eterno: “Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare” (Gv 17:4). Egli aveva riparato l’onore della Santissima Trinità con le Sue piaghe e “per le sue piaghe noi siamo stati guariti” (Isaia 53:5) perché “Egli è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui, per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti.”(Isaia 53: 5-6)
Vivendo sotto lo sguardo del Cristo Crocifisso, senza mai dimenticare le Sue ferite, realizzando che “Io completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del Suo Corpo che è la Chiesa” (Col 1:24), l’Ignaziano si unisce al Cristo Crocifisso come Alter Christus, continuando il Suo lavoro di redenzione nella storia permettendo agli uomini di unirsi tra di loro attraverso il Sacrificio della Messa all’atto redentore del Salvatore. Cosi prolunga la missione di nostro Signore di rendere alla Santissima Trinità permettendo all’uomo di sconfiggere Satana e diventare pienamente vivo per secoli eterni.